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Archive for luglio 2009

15 luglio 2003

Il 15 luglio 2003 era martedì. Lavoravo in prova nell’ufficio commerciale di una pelletteria a Piumazzo.
Il giorno prima, lunedì mattina, mio padre mi aveva chiamato per dirmi che il nonno era stato male, e lui era andato a riprendere lui e mia nonna al mare e l’aveva portato in ospedale a Modena. Lunedì sera sono stata a trovarlo, ed era su un letto in corridoio in neurologia, perchè non c’erano stanze libere.
Il 15 luglio 2003 era martedì, dicevo. Ho lavorato solo mezza giornata perchè al pomeriggio avevo appuntamento per due tatuaggi. C’erano 87 gradi all’ombra, e la Giò è venuta con me per sostenermi nell’impresa. Dopo i tattoo, siamo andate al bar a berci qualcosa di fresco, poi sono tornata a casa e alla sera sono andata in ospedale a trovare il nonno.
L’avevano messo in una stanza con un altro signore anziano, che aveva avuto un ictus anche lui. Una stanza da due, con l’aria condizionata a manetta che mi faceva congelare le goccioline di sudore sulla schiena. Cercavo di nascondere il tatuaggio sulla nuca che avevo appena fatto sennò mi toccava una ramanzina infinita, perchè poi mio nonno stava già bene, quindi me ne stavo appiccicata alla finestra cercando di non mostrare le spalle.
Dopo 10 minuti che ero lì, entra nella stanza un ragazzo. Si guarda intorno, saluta, e poi va dal compagno di stanza abbracciandolo e dicendo "Ciao nonno".
In quel momento, una saetta mi ha preso in pieno, e sono rimasta imbambolata a guardare questa scena pensando queste precise parole:
"Peeeeerò, carino il nipote…."
Nello stesso momento, mio nonno si è imbambolato a guardare la scena e ha pensato queste precise parole:
"Mo vè s’lè blèin, andrèv propria bein per la Barbara un acsè…"
Qualche giorno dopo, ho saputo che nello stesso momento, questo ragazzo, entrando dalla porta, mi ha guardato ed è rimasto imbambolato, ed ha pensato queste precise parole:
"Opperò, qui c’è qualcosa di interessante…..".

Io da quel momento non sono più riuscita a pensare ad altro.
Il giorno dopo era mercoledì 16 luglio 2003. Dopo il lavoro ero di nuovo lì, e ci siamo presentati. Aveva un sorriso meraviglioso, due occhi azzurri come il mare e si chiamava Enrico.
Ed io ero già cotta come una pera.

Mio nonno è stato dimesso sabato mattina, venerdì sera mi ero fatta forza per chiedergli il suo numero, perchè non l’avrei più rivisto in ospedale. Invece me l’ha chiesto prima lui, in una scena di quelle da imbarazzo storico, e siamo rimasti d’accordo per vederci in un posto un po’ più consono.
E’ stata la settimana più delirante della mia vita. Questo ragazzo che avevo visto 4 volte per un’oretta, mi aveva sconvolto completamente.
Ma ci avevo visto giusto. Giovedì prossimo saranno 6 anni che stiamo insieme, io continuo a essere cotta come una pera, quando lo guardo ho il cuore che ancora mi va a mille e sento che al mio fianco non potrebbe esserci nessun altro a parte lui.

Mio nonno sta benone, ed è ancora tutto contento quando pensa che il suo secondo ictus è servito a farmi conoscere Enrico. Mi ha solo raccomandato di tenermelo stretto, perchè gli scoccerebbe farsi venire il terzo per cercarmi un altro moroso.
Il nonno di Enrico invece se n’è andato dopo pochi mesi. La prima volta che abbiamo litigato siamo stati malissimo, e quando abbiamo fatto pace abbiamo davvero capito che siamo fatti per stare insieme.
"Sei l’ultimo regalo che mio nonno mi ha fatto prima di andarsene". Le parole più dolci che mi siano mai state dette in vita mia.

Categorie:'mmore

L’urlo di Mark fa tremare il paddock

da La Stampa:
L’urlo di Mark fa tremare il paddock

Dopo il traguardo Webber libera la gioia via radio con la squadra

NURBURG
La Red Bull – parola di Mark Webber – ha un grosso problema: «Costruire una vetrinetta per mettere tutte le coppe». Humour australiano, probabilmente. Webber è un ottimo ragazzo e gli avrebbero perdonato qualunque cosa, anche l’urlo primordiale esploso via radio quando ha tagliato il traguardato. Il suo ingegnere ha fatto appena in tempo a togliersi la cuffia per evitare danni permanenti all’udito. Vittoria meritatissima. Il compagno, il già acclamato fenomeno Sebastian Vettel, è rimasto annichilito: «Io ci ho provato a stargli dietro, Mark era imbattibile».

Trentadue anni, 132 Gran premi, una sola vittoria, ieri in Germania. Eppure il talento c’è. Garantisce Flavio Briatore, che lo ha inserito giovanissimo nella sua agenzia di piloti e ancora ne cura il management. Finora non ha avuto la monoposto giusta, mentre adesso guida quel prodigio tecnologico che è la Red Bull progettata da Adrian Newey. «Per la prima volta sono in grado di vincere», spiega. Eppure la stagione ha rischiato di saltarla: in novembre, in sella a una bicicletta, ha fatto un frontale con un’automobile: femore fratturato e braccio malmesso, gli attrezzi del mestiere del pilota costretti all’immobilità nel gesso e poi a una lunga e delicata riabilitazione. Mark salta i test invernali e si presenta al via di Melbourne, nella sua Australia, senza sapere nulla di gomme slick e di un’aerodinamica rivoluzionaria che cambia lo stile di guida. Deve improvvisare. Soffre. Conclude 12°, ma il pubblico lo sostiene. Chilometro dopo chilometro prende confidenza, diventa più regolare. Un miglioramento costante: è il pilota che ha fatto più punti nelle ultime 4 gare: 30, contro i 27 di Button, i 24 di Vettel e i 17 di Barrichello.

Ieri ha rischiato di rovinarsi la giornata al via con quella botta a Barrichello. «L’avevo perso di vista, mi sono spostato sulla destra, ho sentito il colpo e mi sono detto: “ecco dov’era”. Non l’ho fatto apposta, non è nel mio stile». Vero. E’ persona schietta, l’opposto della diplomazia. Nel 2007 è l’unico ad affrontare Hamilton a muso duro: «Se continui così, qualcuno in pista si farà male. Datti una regolata».

Basterebbe questo a farne un pilota atipico nel panorama pastorizzato della F1 Anni Duemila. Svetta anche per il fisico: 184 cm di altezza per 74 di peso (lui e Robert Kubica sono i più alti). Longilineo, un volto che andrebbe bene a James Bond, la fidanzata storica Ann che non assomiglia a una modella e ha 15 anni più di lui, un understatement che potrebbe trasformarlo in personaggio. Nel tempo libero organizza trekking nella giungla per raccogliere fondi da devolvere in beneficenza. La passione per gli sport gli ha portato fortuna. Da ragazzo lavora nel negozio di moto del padre Alan, ma è facendo il raccattapalle dei Canberra Raiders che diventa amico di David Campese, capitano della nazionale Aussie di rugby. Sarà proprio Campese a prestargli i soldi per correre in auto nelle serie europee: Formula Ford, Formula 3, Fia Gt, Formula 3000. La trafila classica. Nel ’99, durante il warm up della 24 Ore di Le Mans, rischia l’osso del collo al volante di una Mercedes. Nel 2002 debutta in F1 con la Minardi. Prima gara in Australia e 5° posto con la cenerentola delle monoposto. Ma la carriera non esplode: passa alla Jaguar, poi Williams e, nel 2007, la Red Bull. Tanti piazzamenti, qualche exploit, rendimento incostante. Gli mancava la maturità. O forse non aveva la macchina. Ora ha entrambe le cose.

Categorie:Io Felice

Altrove: precisamente in Svizzera

Ah, giusto. Dimenticavo.
In tutto ciò, siamo stati invasi dagli svizzeri. Potrebbe essere l’inizio, la fine, oppure l’inizio della fine.
Un po’ come il cioccolato, per l’appunto: prima eravamo svizzeri al 51%, adesso lo siamo al 100%. Puri e finissimi.
Stanno veramente succedendo un sacco di cose. Peccato che non abbia proprio voglia di parlarne. Tsè.

Categorie:Tanto niente

Altrove

E’ un po’ che sono assente da qui… E in effetti devo ammettere che in questi giorni non ho molta voglia di scrivere, anche se avrei tante cose da raccontare.
Solo che semplicemente non mi va. Sono in fase riflessiva, diciamo, dove le cose che ho in mente stanno bene lì dove sono, anche se sarebbe molto bello condividere con tutti per esempio le avventure del weekend appena passato, il concerto della dolce metà, le serate di Friction e a Festà, e le incredibili cose che stanno capitando a Condominio Narciso e dintorni.
Ma proprio non è cosa, non che ci sia un motivo particolare per tutto ciò, è solo così. E pensavo anche che domani c’è in programma una gita a Firenze per tutto il giorno, e questo mi porta anche a comunicare che ho deciso di chiudere per ferie anche Il Bello del Venerdì, perchè i venerdì estivi mi portano altrove e quindi magari la rubrichina la riapriamo quando viene fresco (anche perchè era nata per rallegrarmi i venerdì lavorativi, cosa che da aprile nemmeno esiste più, ma vabbè).
Insomma, tutto questo per dire che probabilmente in questo periodo sarò un po’ più assente, come magari anche no. Ma intanto io mi paro il culo, che è sempre buona cosa. Magari invece domani cambio idea di nuovo. Boh.
A risentirci, terricoli!

Categorie:Tanto niente

Il Bello del Venerdì – 16

Salve salvino a tutti, e ben arrivati a Il Bello del Venerdì!
Dico subito che il bello di oggi è uno dei più belli che abbia mai scelto per questa rubrica, perchè incarna il mio prototipo ideale di uomo: scemo, divertente e morbido!!
Proprio ieri sera mi sono guardata uno dei suoi capolavori, e l’immagine di oggi è proprio presa da quel film, "Blades of Glory", nel quale interpreta il grandissimo Chazz Michael Michaels. Avrete già capito che il bello di questo venerdì è proprio lui:

Il solo-ed-inimitabile Will Ferrell, che oltre a questa ci ha regalato altre perle come Elf, Ricky Bobby, The Producers, Zoolander e svariati altri.
Nella sua pagina della solita
Wikipedia c’è tutta la sua filmografia e la sua carriera, ma oggi mi voglio concentrare su Blades of Glory, di cui vi voglio regalare lo spezzone che mi sta facendo ridere da ieri sera, la prima esibizione di Jimmy e Chazz, "Fuoco e Ghiaccio". Buone risate, e buon weekend a tutti!

Categorie:Intrattenimento