Ho deciso di dare un tocco di intellettualità al blog, dopo tante cavolate un post per acculturarvi un po’.
Pillole dal corso di introduzione all’antropologia filosofica che sto seguendo.
L’antropologia filosofica si distingue dall’antropologia tradizionale in quanto quest’ultima si occupa dello studio dell’uomo inserito in un determinato contesto: sociale, geografico, politico e storico. L’antropologia filosofica, al contrario, intende studiare l’uomo in quanto "uomo", a prescindere da qualsiasi scenario in cui esso può essere inserito.
La domanda principale che viene posta è: cos’è l’uomo? In base a cosa possiamo dire che l’uomo è tale?
Le tre caratteristiche che sono proprie dell’uomo in quanto tale sono la vita, la conoscenza e la libertà.
Della vita, al momento non posso parlare perchè ho perso la prima lezione (so che adesso sarete tutti molto tristi e avviliti…), ma posso darvi una piccola panoramica di cosa si intenda per conoscenza (yuppiiii).
La conoscenza, per l’uomo, è quella relazione che si viene a creare tra un soggetto conoscente (l’uomo, appunto) e un oggetto conosciuto (o da conoscere). L’esperienza è il mezzo fondamentale (per non dire unico) su cui si basa il processo conoscitivo.
Esistono principalmente due teorie: la teoria kantiana (rappresentazionista) sostiene che noi veniamo a conoscenza degli oggetti tramite i nostri sensi, che ci trasmettono l’idea dell’oggetto di cui stiamo facendo esperienza. Ma i nostri sensi sono innati, e semplicemente "interpretano" la realtà che hanno di fronte, quindi, concludendo brevemente, noi veniamo a conoscenza solo di una parte della realtà, quella appunto percepita dai nostri sensi.
La seconda teoria (realista) sostiene invece che i nostri sensi vengono "plasmati" dall’oggetto di cui si fa esperienza. I sensi interpretano la realtà e ad essa si fanno simile. L’esempio più evidente si ha osservando i bambini. In loro, il concetto di tempo e spazio non è innato. Solo con l’esperienza possono ampliare la loro conoscenza, e quindi il soggetto (cioè l’uomo) si fa simile agli oggetti che via via conosce. L’immagine che il nostro cervello avrà dell’oggetto conosciuto, non sarà un’immagine identica alla realtà, ma molto simile, usando il termine specifico, analoga.
Allora, dove sta la verità? Nel soggetto che interpreta la realtà di cui fa esperienza o nella realtà stessa, cioè nell’oggetto?
Per semplificare (eheheheheheheh), qui di seguito lo schemino riassuntivo creato dalle mani del meraviglioso cervello che è anche il mio insegnante, ed è evidente che solo una mente geniale poteva riassumere con tanta eleganza dei concetti così contorti in un semplice schema. Adoro quest’uomo. E i suoi schemini.